
Fto: Anna Frank e Gina Guandalini
di Gina Guandalini (Giornalista Storica)
Ottant’anni fa periva nel campo di concentramento di Bergen Belsen nella Germania del nord Anne (in Italia “Anna”) Frank. Non è ovviamente possibile stabilire il giorno esatto in cui si è spenta per tifo e denutrizione: tre mesi dopo, l’esercito inglese liberatore si sarebbe trovato davanti a centinaia di cadaveri e di moribondi da sempre lasciati a vegetare con scarsissimo cibo, acqua spesso sospesa “per punizione”, assenza di cure sanitarie e anche di tetto sopra le teste. Dall’inferno organizzato di Auschwitz Birkenau in Polonia Margot e Anne Frank arrivarono insieme a molte altre donne e ragazze, dopo due giorni di treno con vagoni scoperti, il 5 novembre. Una conoscente d’infanzia di Amsterdam, Ruth Wiener, le vide da lontano e scrisse in un piccolo diario che teneva nascosto “Anne e Margot Frank nell’altro campo”.
Le due sorelle furono deportate a Bergen Belsen nella consapevolezza che a Birkenau la loro madre era nel gruppo inviato alla camera a gas. Solo ai primi di gennaio Margot Rosenthal, membro della resistenza di Amsterdam, appena arrivata le informò di aver visto Edith Frank sfuggita per miracolo alla Selektion e ancora in vita (si sa che morì di stenti il 6 gennaio).
Siepi di filo spinato dividevano Bergen Belsen in “sottocampi” dove per le varie categorie di prigionieri le differenze di trattamento. per quanto ufficiali, erano minime. Nanette Blitz, una compagna di scuola, vide Anne ai primi di dicembre: “Era uno scheletro come me, ma avvolta in una coperta perhè i suoi indumenti brulicavano di pidocchi. Non so come abbiamo fatto a riconoscerci”. In seguito Nanette fu trasferita nel campo di Anne e Margot e potè parlare spesso con lei. “Mi disse del suo diario, dopo la guerra voleva usarlo per un libro; non voleva pubblicare un diario”
Hanneli Goslar, amica del cuore dall’asilo fino alla sparizione dalla famiglia Frank nell’alloggio segreto nel giugno ’42, è ribattezzata nel diario di Anne “Lies Goossens”. A Bergen Belsen Hanneli-Liesl riincontrò l’amica (che credeva salva in Svizzera), in due o tre colloqui notturni proibiti, ai due lati di una parete di filo spinato e paglia. Il primo contatto avvenne tramite Auguste van Pels, che insieme al marito e al figlio Peter aveva condiviso con i Frank due anni e mezzo di clandestinità (nel Diario è “la signora Van Daan”). Deportata a Bergen Belsen forse nello stesso trasporto di Margot e Anne, faceva loro da madre, tanto che le prigioniere della loro baracca le credevano realmente madre e figlie. Auguste disse a Hanneli che Margot era molto malata, ma forse Anna poteva venire. Hanneli ebbe un concitato scambio di informazioni con l’amica ritrovata e in due occasioni le lanciò oltre il filo spinato pacchetti con ciò che poteva mettere insieme: un singolo guanto, un biscotto, una fettina di lardo che Hanneli, ebrea osservante, non poteva mangiare. Dai documenti del campo sappiamo che la Van Pels fu deportata in un altro lager tedesco il 7 febbraio ’44. Se ne deduce che le due sorelle Frank erano in pessime condizioni di salute prima del 7 febbraio. E la perdita della loro vice-madre fu certo un colpo terribile. Impossibile credere che Anne sia sopravvissuta fino al 31 marzo, data ufficiale stabilita dalla Croce Rossa Internazionale per motivi burocratici.
Oggi sappiamo che la giovane Goslar non fu la sola a procurarle qualche commestibile. Ad aiutarla in questo modo furono anche Trees Lek, madre di una compagna di giochi di Margot che è citata nel Diario; le sorelle Ilse e Martha van Collem, che ad Amsterdam erano state in sinagoga insieme a Margot, gettarono un vestito e un pezzo di sapone. Troppo tardi per contrastare lo sfacelo fisico e il tifo.
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