Nello Gargiulo: Con la nuova legge sulla cittadinanza rischiamo di buttare via il bambino con l’acqua sporca.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo inviatoci da Nello Gargiulo, rappresentate del Cile nel Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) ed Editorialista del Quindicinale italiano Presenza.

Il governo italiano, ha promulgato nuove misure sulla cittadinanza italiana. Giustificazione: limitare gli abusi sulla “Ius Sanguinis” e rinforzare i vincoli effettivi dei nati all’ estero con l’Italia come Paese. Così pure hanno influito, l’intasamento del lavoro in molti consolati ed in quei comuni italiani sommersi dalle pratiche arrivate dai paesi esteri. Dopo questo freno cosi brusco nasce la domanda: era questa la maniera adeguata a procedere o si poteva, sempre con la regia del governo aprire una discussione più ampia e trovare consensi allargati? In forma personale mi rifaccio ai primi ottobre del 2024 in una lettera al Ministro Tajani (scrivevo a lui come Presidente del CGIE ed io come consigliere) di preoccuparci per il depauperamento dell’Italianità all’ estero e fare qualcosa per accompagnare il percorso giuridico della cittadinanza con formazione ed esigenze di conoscenze linguistiche e culturali. La lingua in questa missiva al Ministro, veniva indicata come il principio fondante della trasmissione della cittadinanza.

Il contenuto della lettera venne accolto dalla Segretaria del CGIE, come base di un dialogo più ampio con lo stesso Ministro Tajani e così pure riscosse l’appoggio, sebbene timido, anche di alcuni colleghi del CGIE. Avviare un confronto sul tema avrebbe aperto la strada per ritrovarsi nel comune proposito di stabilire, da una parte un maggiore grado di disciplina per le nuove cittadinanze e dall’ altro anche come intervenire per alimentare culturalmente quel concetto di patria comune oltre le alpi ed il mediterraneo, che sul piano politico si configura nella Circoscrizione Estero.

Cosa poter fare ora? La legge è legge e la emana chi ne ha il potere per il bene comune come sosteneva San Tommaso. Un grande settore storico dell’emigrazione italiana in questo caso se ne sentirà escluso. Non si può fare di tutte le erbe un fascio: i consolati vanno protetti, i comuni anche; gli abusi puniti ma per coloro che vivono e vibrano ansiosi per essere italiani va ripensato uno spazio di modalità di preparazione per il riconoscimento.

Aldilà delle repliche e dei ricorsi è il caso di dire che ci troviamo difronte ad una prospettiva che invece di vedere aumentare i vincoli con i connazionali all’ estero potrebbe anche avverarsi il contrario. È proprio il caso di affermare: attenti a non buttare via il bambino insieme all’acqua sporca. Al legislatore non mancherà di trovare la strada migliore per includere e non escludere una fetta importante della storia dell’emigrazione italiana.