Da Porto Alegre un monito agli italiani all’estero: per ‘contare’ occorre ‘partecipare’. Parola di Fernando Biffignandi

(Foto: sullo sfondo di Porto Alegre nel riquadro Fernando Biffignandi)

Di Rainero Schembri

Fernando Biffignandi, noto architetto e urbanista italiano risiede in Brasile a Porto Alegre, capoluogo dello Stato del Rio Grande do Sul, dove vive una delle più grandi comunità italiane di tutta l’America Latina. Oltre a lavorare per il Comune di Porto Alegre, Biffignandi svolge un’intensa attivtà di collaborazione con il Comites regionale (il Comitato degli italiani) e gestisc nell’ambito di un’affermata Radio Web (www.radioestacaoweb.com) il programma radiofonico ‘Il Mondo Italiano’ (trasmesso in italiano con sottotitolazione in portoghese) ogni domenica alle ore 11 brasiliane, le 6 italiane.  Ormai Biffignandi rappresenta un preciso punto di riferimento per gli italiani e i tantissimi discendenti di italiani (si parla di oltre un milione) che nel corso della storia hanno dato un contributo fondamentale alla crescita economica, culturale e sociale del Paese.

In estrema sintesi ci può raccontare la storia dell’immigrazione italiana nel Rio Grande do Sul?

L’immigrazione italiana ebbe inizio nel 1875, e il suo primo ciclo migratorio è durato fino al 1914, coinvolgendo circa 84.000 persone, provenienti principalmente da Lombardia, Veneto e Trentino. Una storia segnata da incertezze, difficoltà, successi e molti traguardi da superare. Si è consolidata attraverso la costruzione di un senso di comunità con i gauchos (così vengono chiamati gli abitanti del RGS ndr.), con la conservazione delle tradizioni e dei costumi italiani che contribuirono all’identità dello Stato. La data del 150° anniversario risale alla prima tappa fondamentale della colonizzazione italiana, avvenuta a Nova Milano, l’attuale Farroupilha.

Che ruolo politico, economico e sociale occupano oggi gli italiani nel RGS?

Fin dal loro arrivo, gli immigrati italiani sono stati responsabili di una grande evoluzione culturale ed economica fino ai giorni nostri. Nell’economia, la forza del lavoro italiano ha guidato la nascita di cooperative, piccole industrie e imprese familiari che si sono espanse nel tempo. La viticoltura, iniziata in modo rudimentale nei primi decenni, si è evoluta fino a fare del Rio Grande do Sul il principale produttore di vino del Brasile. Il settore metalmeccanico e dell’arredamento, trainato dal lavoro e dalle capacità imprenditoriali degli immigrati italiani, ha acquisito importanza internazionale nell’esportazione dei suoi prodotti. Con forti radici nell’immigrazione italiana, l’economia del Rio Grande do Sul valorizza il suo patrimonio e sostiene iniziative che celebrano il rapporto tra il Rio Grande do Sul e l’Italia.

Ci può dire qualcosa sulla presenza di Garibaldi nel RGS?

Giuseppe Garibaldi è stato considerato un eroe gaucho per la sua significativa partecipazione alla Rivoluzione Farroupilha, una rivoluzione che ha separato il Rio Grande do Sul dal Brasile tra il 1835 e il 1845. Garibaldi non solo guidò la lotta al fianco dei ribelli, ma divenne anche un simbolo di libertà e coraggio, ammirato dal popolo gaucho. Si unì ai farrapos, come erano conosciuti i rivoluzionari, e partecipò attivamente alla guerra, dimostrando coraggio e capacità di leadership. La sua partecipazione alla Rivoluzione Farroupilha lo rese una figura importante nella storia del Rio Grande do Sul e del Brasile. La sua storia di lotta per la libertà, unita alla sua personalità carismatica, lo consacrarono come un eroe per i gauchos.

Come giudica il sostegno dell’Italia ai suoi figli nati e cresciuti all’estero?

    Si tratta di un tema importante e al tempo stesso delicato, che deve essere analizzato partendo dalla sua origine: il processo di immigrazione italiana in diversi paesi del mondo. È sempre importante contestualizzare il processo nel suo complesso, considerandone gli errori e i successi, in particolare il modo in cui i primi italiani e le generazioni successive si sono adattati alle loro nuove esperienze di vita in terre straniere. Personalmente, ritengo sia necessario considerare l’analisi sulla base di due elementi importanti: la legislazione che regola il processo di riconoscimento e l’importante rapporto storico, culturale ed emotivo che si è originato nel processo di immigrazione.
    Nell’ambito giuridico, per primo, vale la pena di ricordare che durante questo periodo, le leggi italiane sono state riviste e modificate, soprattutto con la creazione della Seconda Repubblica. Pertanto, dopo oltre un secolo e mezzo di questo processo, è corretto affermare che il sistema democratico consente ai suoi legislatori (eletti dal popolo) di rivedere la legislazione nel rispetto degli interessi di coloro che risiedono in quel paese.
    Dall’altra parte, la seconda e non meno importante questione, riguarda il rapporto tra i cittadini italiani nati all’estero con la madrepatria. È innegabile che la comunità italiana diffusa nel mondo sia motivo di orgoglio per l’Italia, del resto è stata artefice dello sviluppo di molti Paesi. A mio avviso, entrambe le questioni vanno valutate con precisione e cautela, con la definizione di una legislazione di riconoscimento che favorisca i cittadini che ne hanno realmente diritto e che “allo stesso tempo mantengono” legami con l’Italia. In sintesi, quanto più i cittadini residenti all’estero dimostreranno il loro interesse per l’Italia allo stesso modo dei residenti, tanto più la popolazione e, soprattutto, l’opinione pubblica saranno dalla loro parte. Percependo la forza che le comunità all’estero hanno nel valorizzare l’Italia e la sua cultura, credo che la popolazione esprimerà, attraverso i legislatori, il proprio interesse per il loro valore e la loro importanza come connazionali residenti all’estero.
    Sappiamo quanto sia forte la comunità sparsa nel mondo e quanto l’Italia abbia bisogno di questa valorizzazione, anche attraverso la diffusione della sua cultura e del suo stile di vita e quanto è vero quello che hanno fatto e sapranno fare coloro che ne portano il sangue nei più diversi ambiti. La comunità italiana all’estero porta orgoglio alla madrepatria in diversi campi: nell’agroalimentare, all’imprenditoria, fino al turismo. In questo senso, è importante ricordare al governo che gran parte del programma delle radici del turismo promosso dal governo (PNRR), scusate il gioco di parole, “è state sradicata” a causa di quest’ultima legislazione che, cercando di correggere errori e illegalità, ha finito per togliere i diritti costituzionali a molti dei suoi figli. . È noto che numerose illegalità e abusi sono stati commessi a causa di riconoscimenti errati o fraudolenti (da parte di soggetti all’estero e anche in Italia) che hanno finito per avvantaggiare soggetti che non avevano questo diritto. Ritengo che, per me è un errore generalizzare l’analisi di tutti i processi, attribuendo una penalità a chi sbaglia e a chi ha ragione.
    Questo è stato una dura pena imputata a innumerevoli individui che nutrono amore per il proprio Paese. Sono persone nate all’estero ma con sangue italiano. Allo stesso modo, credo che anche i cittadini italiani all’estero devono fare la loro parte.

    Essere cittadini, e questo vale per qualsiasi Paese, include atteggiamenti come la presenza nella vita pubblica, anche all’estero, il contributo al rafforzamento e alla promozione della cultura italiana e la partecipazione alla sfera politica attraverso il voto. Inoltre, i cittadini nati e/o residenti all’estero hanno il dovere di mantenere i legami culturali e familiari con l’Italia, contribuendo all’immagine positiva del Paese e promuovendone e diffondendone i valori.
    Essere cittadino italiano significa avere legami attivi con la propria patria, anche a distanza, che vanno dalla conoscenza della lingua o quantomeno dal mantenimento aggiornato dei propri dati nell’anagrafe dei cittadini italiani all’estero (AIRE).
    Essere cittadino italiano significa avere legami attivi con la propria patria, anche a distanza, che vanno dalla conoscenza della lingua o quantomeno dal mantenimento aggiornato dei propri dati nell’anagrafe dei cittadini italiani all’estero.
    Infine, sostengo il concetto che le leggi sono create dai politici che rappresentano gli interessi di una popolazione che le ha concesse. Pertanto, il legame tra il governo e i suoi cittadini italiani nati all’estero deve quantomeno obbedire a un reciproco rapporto di senso di appartenenza.
    Quanto più il cittadino italiano nato o residente all’estero dimostra il suo interesse a partecipare attivamente alla vita pubblica, tanto più forte sarà il coinvolgimento della popolazione residente e di conseguenza il suo sostegno.
    In ambito repubblicano, nel rispetto della normativa costituzionale, ribadisco che si valutino gli errori commessi, sanzionando chi ha agito fraudolentemente, riprendendo l’analisi caso per caso al fine di garantire il diritto di coloro che hanno diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana.

    Cosa pensa dell’idea che sta maturando di ricostituzione di un Ministero per gli Italiani nel Mondo?

    Considerando che più di cinque generazioni di nuovi cittadini stranieri di origine italiana si sono già stabilite all’estero (un vero motivo di orgoglio), è importante comprendere che la loro cittadinanza è stata concessa in virtù di una specifica legislazione vigente a beneficio di questi cittadini, approvata da una figura di spicco come il compianto Ministro Tremaglia (che tanto ha fatto per i cittadini italiani all’estero). Però, le leggi sono prerogativa dei loro legislatori e riflettono il pensiero attuale di coloro che le hanno concesse.
    Ribadendo quanto sopra esposto, nella misura in cui i cittadini italiani all’estero dimostrino il loro interesse a partecipare e a prendere possesso della vita pubblica italiana, promuovendo azioni che giustifichino l’istituzione di misure governative volte a incentivare e tutelare tali azioni a beneficio del Paese, l’istituzione di un Ministero per gli Italiani ne sarà una conseguenza. La creazione di un ente ministeriale è un’operazione che richiede un investimento politico ed economico, che per essere sostenibile deve avere elementi che ne giustifichino l’interesse della popolazione.
    La creazione di un ente governativo specifico per la gestione delle questioni relative ai cittadini italiani all’estero potrebbe rafforzare i rapporti tra il governo e l’Italia, con l’obiettivo di promuovere strumenti giuridici che favoriscano la partecipazione di questa componente, ascoltandola e lavorando per promuoverne il necessario coinvolgimento. È vero che la popolazione italiana all’estero è enorme e che questo fatto da solo giustificherebbe la creazione di un ministero specifico per questa componente. Si stima che attualmente vi siano 6,5 milioni di cittadini italiani all’estero, iscritti all’anagrafe nazionale (AIRE), pari a quasi il 10% della popolazione italiana.

      Oggi, i cittadini italiani residenti all’estero eleggono 8 deputati e 4 senatori al Parlamento italiano, suddivisi in quattro aree geografiche. Oltre a quelli, ci sono i rappresentanti dei Consigli per gli Italiani all’Estero (COMITES) e del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE). Tutti subordinati al MAECI, il Ministero degli Esteri.
      Come affermato in precedenza, la legislazione sancisce ancora il diritto legale alla cittadinanza per i figli di italiani, un diritto che deve essere esercitato da ogni cittadino in tutto il mondo, fin dal primo momento del suo riconoscimento. Tuttavia, è importante chiedersi, sulla base di questa nuova determinazione giuridica, come sarà il rapporto con e tra i cittadini italiani residenti all’estero e quale sarà il futuro delle nuove generazioni?

      ———————————————————-