Tavolo Tv 4.0 Relazione REA sulla riassegnazione delle frequenze banda 700

Tavolo Tv 4.0 – al Presidente On.le Luigi Di Maio

(Relazione REA sulla riassegnazione delle frequenze banda 700 Mhz)

 Data la complessità della situazione del settore emittenti locali televisive rappresentate dalla scrivente associazione, si ribadiscono sinteticamente i punti già espressi nell’audizione tenutasi il 16 aprile 2018 presso AGCOM sul medesimo argomento di cui si allega il relativo verbale. Il nodo centrale su cui si impernia la problematica della riassegnazione delle frequenze è quello della definizione chiara della “capacità trasmissiva” da cui discende la conversione dei diritti d’uso delle frequenze degli operatori di rete nazionali in diritti d’uso di capacità trasmissiva.

La  legge individua un conversione da FREQUENZE a CAPACITA’ TRASMISSIVA. L’Autorità AGCOM ha pubblicato una consultazione da pochi giorni sul suo sito con delibera 474/18/CONS con scadenza 28 ottobre, cercando conforto in sue scelte contestate da vari attori.

Si sappia che la REA fin dal 2009, data di inizio dello swich off, ha sostenuto una pianificazione secondo la  capacità trasmissiva globale delle frequenze anziché con il dimostrato errato  passaggio canale analogico/canale digitale concepita dall’intesa AGCOM-MISE dell’epoca su precise indicazioni del Governo Berlusconi (Ministro Paolo Romani) a tutela principalmente degli interessi della premiata  ditta Mediaset & C.

La REA sostiene da sempre che la capacità trasmissiva, secondo le attuali tecnologie, attiene alla capacità di trasmettere programmi e non bit al secondo, ne tantomeno frequenze. Il concetto delle Frequenze è superato dalla capacità di trasmettere programmi, dove i programmi sono espressione di pluralismo, differenze culturali, come previsto dalla legge di bilancio 2018, art.1 comma 1031: “ In linea con gli obiettivi della politica audiovisiva europea e nazionale di coesione sociale, pluralismo dei mezzi di comunicazione e diversita’ culturale e con la finalita’ della piu’ efficiente gestione dello spettro consentita dall’impiego delle tecnologie piu’ avanzate…”    Ne consegue che le conversioni debbano, seppure tardivamente,  avvenire con assegnazioni di diritti d’uso di capacità trasmissiva e non più di frequenze, nemmeno per similitudine come ipotizza AGCOM.

Solo dopo aver assegnato tali diritti d’uso di capacità trasmissiva potranno essere espletate modalità di assegnazione delle frequenze che potranno essere esclusive o condivise agli ex assegnatari di frequenze dell’attuale DVBT. Ma ai fini  “della piu’ efficiente gestione dello spettro consentita dall’impiego delle tecnologie piu’ avanzate…”  non si può omettere e dimenticare che nel passaggio da DVB-T attuale a DVB-T2 entrano in gioco le nuove tecnologie che impiegano compressioni molto più potenti e performanti (per obbligo Europeo e dei prodotti ora sul mercato quali mpeg4 e mpeg4AVC) che aumentano la capacità di tramettere programmi ampliando i diritti d’uso di capacità trasmissiva (numero di programmi trasmissibili) a parità di bit al secondo. In altre parole i bit al secondo riguardano operatori di connessioni internet che forniscono servizi a terzi, mentre nella televisione l’unità di misura DEVE essere il numero di programmi trasmissibili.

Questo parametro, numero programmi, è stato nascosto e falsato, con il numero della capacità in bit a secondo, travisando la chiara volontà di legge di tutelare la corretta transizione alla nuova tecnologia, dove non deve accadere il disastro del primo passaggio alla tecnologia digitale DVB-T.  

Si vuole ricordare che alle emittenti locali, assegnatarie di frequenze NON COORDINATE,  non fu assegnata troppa capacità di trasmettere (nessuna emittente locale voleva ne poteva fare troppi programmi) ma fu IMPOSTA per bilanciare le 20 assegnazioni di frequenze COORDINATE alle Reti digitali Nazionali.  Ne venne fuori un Piano di assegnazione così squilibrato e pasticciato che per compensare i danni provocati alle emittenti Locali  furono spesi 50 milioni di euro. 

Oggi si sta tentando di riparare i GUASTI di quella  pianificazione addossando la responsabilità alle locali per l’inefficiente uso delle frequenze loro assegnate (vedi relazione di Angelo Cardani al Parlamento) nel maldestro tentativo di cassare  la tutela del pluralismo e libertà d’informazione attraverso l’assegnazione alle locali di  almeno  un terzo delle frequenze di allora divenuta, oggi, un terzo della capacità trasmissiva.

Si osserva che il tutto fa parte del noto PROGETTO neoliberale di quei soggetti televisivi nazionali, ora divenuti anche radiofonici, grazie al conflitto d’interessi che continuano ad esercitare sui vari tavoli istituzionali determinando, secondo l’appartenenza politica,  la vita o la morte dei concorrenti minori.  Cosa dire dello scandalo dei 300  milioni di euro assegnati dal DPR 146/17 alla lobby della comunicazione presente anche in questo Tavolo a fianco del Presidente ?

Perchè non contare i programmi trasmessi dalle emittenti Nazionali? 

Perché se si contano e si assegnano i bit al secondo emerge che basterebbe un solo mux (una frequenza) ogni 5 frequenze attuali per soddisfare le esigenze dei 20 assegnatari attuali, dato che in DVB-T2 una frequenza può trasmettere 40 programmi nei 37 megabit che ha di capacità trasmissiva. Avanzerebbero 6 frequenze sulle 10 frequenze adesso in predicato per le Nazionali.  Queste potrebbero andare ad asta per soggetti nuovi entranti, come voluto da normativa Europea e per cui fu aperta la  procedura d’infrazione n. 2005/5086 che ha portato alla messa a gara della frequenza assegnata a Cairo Editore.

Si osserva ulteriormente che l’esaurimento delle frequenze in questo avvicendamento tecnologico va contro la direttiva n. 2002/21/Ce (direttiva “quadro), la direttiva n. 2002/20/Ce (direttiva autorizzazioni) e con la direttiva n. 2002/77/Ce (“direttiva concorrenza”), sempre alla base della citata procedura d’infrazione e di cui non vorremmo chiedere chiarimenti in sede Europea.

Ne consegue che alla luce delle evoluzioni prodotte dalla tecnologia DVB-T2 e delle compressioni, possono e debbono restare alle emittenti Nazionali attuali non più di 4-5 frequenze da usare in condivisione, come descritto da AGCOM nella sua consultazione che descrive la condivisione M-PLP (Multiple – Physical Layer Pipe), dato che lo standard DVB-T2 prevede nativamente la condivisione di frequenze verso capacità trasmissiva. In tal modo possono restare nella disponibilità del MISE, diritti su frequenze e connessi diritti su capacità trasmissive,  da mettere ad asta pubblica, prima che ce lo chieda la UE con procedure di infrazione !  

Si porta a conoscenza, inoltre, che tali frequenze non assegnate (come descritte) possono essere messe ad asta per l’estensione del servizio 5G come previsto dalla norma Europea recepita dal Parlamento per la liberazione banda 700 Mhz ( …. l’utilizzo condiviso della banda da 470 a 700 Mhz per l’uso in downlink verso apparecchi tv o tablet,  ). Abbiamo stimato che tale uso razionale dello spettro a titolo oneroso (TV o 5G) potrebbe produrre un introito minimo di un miliardo di euro.

Nello stesso modo riteniamo possibile, ferma restando  la riserva di legge, fare lo stesso ragionamento per le assegnazioni alle emittenti locali delle risorse (diritti d’uso e poi frequenze) in ragione solo dell’effettivo uso, CONTANDO gli effettivi utilizzatori e, solo dopo, assegnando quanto strettamente necessario.

Infine una annotazione sulle risorse previste nella legge di bilancio 2018 per le trasformazioni alle Reti Operatori Nazionali. Tale operazione prevede un risarcimento di  circa 300 milioni di euro, ad avviso della scrivente, non dovuti. Infatti gran parte delle trasformazioni avverranno con sola riconfigurazione di apparati e loro nuova ri-sintonizzazione. Le contenute spese, comunque, sono largamente compensate dalla riduzione dei costi di esercizio delle reti che passano da cinque a 1-2 per le reti Mediaset, Rai, Persidera, e sono condivisioni di costo per altri.

Diverso è il discorso per gli Operatori Locali che dovendo forzosamente restituire la Frequenza senza ottenere nuovi diritti d’uso di capacità trasmissiva dovranno essere compensati. Un vantaggio economico per lo Stato potrebbe essere quello di favorirli nelle nuove assegnazioni qualora “spendano” il proprio diritto perduto nella gara di riassegnazione di diritti d’uso di capacità trasmissiva.

Si ritiene doveroso prevedere un fondo, come avvenne nel 2011, per risarcire gli utenti  costretti a cambiare i propri apparati riceventi (TUTTI !) o rifare l’impianto d’antenna. Il fondo potrebbe essere costituito da quei 300 milioni che si vogliono, ancora una volta,  regalare ai signori delle Reti Nazionali come giustamente sostengono alcune associazioni di consumatori.

 Si ribadisce, a conclusione, che questa nuova assegnazione di diritti d’uso e frequenze non deve intaccare il settore dell’informazione locale, già provato dalla crisi e da assegnazioni di risorse di sostegno statale fortemente discriminatorie nei confronti delle piccole e medie aziende (v. documento allegato).  Si fa presente, altresì, che si stanno perdendo 2.894 posti di lavoro, pari al 56,6% dell’intero settore televisivo locale che registra 5.108 occupati nelle 683 imprese medio piccole. Ciò per dire al Governo del Cambiamento come un gran numero di posti di lavoro sono a rischio e che possono essere tutelati, senza costi, solo con un pizzico di coraggio verso la lobby confindustriale del conflitto d’interessi nel non concedere più di quanto abbia già goduto dalla legge Mammì ad oggi ivi compresa  la concessione gratuita  di tre canali televisivi con i quali ha costruito un impero economico e un partito politico. 

A disposizione di ulteriori chiarimenti.

Roma, 17 ottobre 2018                                                           REA – Radiotelevisioni Europee Associate

Allegati 

  • Verbale audizione AGCOM/REA – documento  di consultazione REA
  • Documento REA sullo scandalo dei 300 milioni