(Foto: nel riquadro Esperanza Anzola)
Per i primi giorni del 2025 è prevista l’uscita della terza edizione del volume La Sfida Latinoamericana, edita dall’Università Internazionale per la Pace in collaborazione con la REA (Radiotelevisioni Europee Associate) e curata dal giornalista Rainero Schembri, che da molti segue da vicino questo importante Continente. In previsione di questa nuova edizione abbiamo pensato di riportare nella sezione REA International di reasat.eu una selezione di interviste realizzate nelle due passate edizioni (la seconda edizione è acquistabile su Amazon). E’ la volta di Esperanza Anzola, che da diversi anni coordina i progetti sociali portati avanti nell’ambito dell’IILA, l’Organizzazione internazionale italo-latinoamericana (con sede a Roma). Progetti realizzati con il supporto finanziario della Cooperazione Italiana del Ministero degli Affari Esteri.
L’obiettivo è di aiutare le donne vulnerabili dell’America del Sud e centrale ad emanciparsi economicamente. Con Anzola, che è italo[1]colombiana, sposata con un esperto della Cooperazione Italiana, abbiamo cercato di esaminare il ruolo e l’influenza delle donne nella politica latino-americana. Prima, però, ci siamo soffermati sulla sua attività all’IILA.
Dott.ssa Anzola, ci può illustrate le finalità dei suoi progetti?
Si tratta di uno sforzo molto concreto che gode del supporto di diverse organizzazioni italiane e latinoamericane. Personalmente sono molto impegnata nel settore produttivo del tessile-moda con progetti finanziati dalla Cooperazione italiana e gestite direttamente dall’IILA. Sostanzialmente cerchiamo di aiutare le donne più vulnerabili: indigene, contadine, artigiane, soprattutto per quanto riguarda la formazione. Cioè, insegniamo loro un mestiere valorizzando le tradizioni artigianali, al fine di dare una migliore alternativa di lavoro, un empowerment economico, nonché l’inclusione sociale e culturale nel loro
territorio.
Il secondo obbiettivo, riguarda la commercializzazione dei prodotti, che altrimenti resterebbero senza sbocchi. Naturalmente in entrambe le fasi ci avvaliamo dell’esperienza di esperti del settore o di organizzazioni che hanno competenze in materia come, ad esempio, il Fashion Institute di Milano, la Confartigianato, il Politenico di Milano, il Parco Tecnologico Galileo e altri.
In quali Paesi avete operato sino a questo momento?
In diversi Paesi, tra cui Paraguay, Bolivia, Colombia, Honduras, Salvador, ecc. In genere concordiamo con le autorità governative progetti triennali di apprendimento. Le donne, a partire dalle loro tradizioni tessili e artigianali, imparano a creare prodotti innovativi di facile penetrazione sul mercato, come, ad esempio, pizzi e tessuti per abiti da sposa e accessori, gioielleria artigianale e tessuti etnici elaborati su telaio.
Complessivamente i progetti hanno già coinvolto un centinaio di donne. Parliamo, quindi, di imprenditoria artigianale fatta anche con le popolazioni indigene. In Honduras ed El Salvador, ad esempio, abbiamo lavorato con la Comunità Lenca, che vive in estrema povertà e che ha realizzato una serie di lavori con richiami alla loro tradizione. Fino ad oggi il nostro impegno è stato molto apprezzato anche a livello politico. In Paraguay, ad esempio, ci ha dato una mano perfino la moglie dell’ex Presidente, la Primera Dama Silvana Lopez Moreira, nonché le ministre del Lavoro e delle Donne.
Ecco, lei ci sta dando proprio un assist per entrare nell’argomento centrale della nostra intervista: l’impegno in politica ai massimi livelli delle donne latinoamericane. Come descriverebbe questa realtà?
Intanto diciamo subito che mentre in Italia si è dovuto aspettare il 2022 per avere un Primo Ministro donna, in America Latina non sono poche le donne diventate Capo di Stato. Con questo non intendo affermare che è stata raggiunta, ad esempio, la parità di genere nei Parlamenti o ai vertici dello Stato, ma qualche significativo passo in avanti è stato compiuto.
E quale è stata, secondo lei la donna che ha inciso maggiormente da un punto di vista politico?
Senza voler esprimere alcun giudizio politico non è possibile disconoscere che sul piano mediatico la prima in assoluto è stata l’argentina Evita Peron. Lei, per la verità, non è stata Presidente ma, sicuramente, una mezza Presidente, visto che ha gestito paritariamente il potere dal 1946 al 1952 affianco al marito Juan Domingo Peron. Senza di lei probabilmente il peronismo non si sarebbe affermato nella stessa misura.
Evita col tempo è diventata un vero mito. Su di lei e sulla sua attività anche di attrice e conduttrice radiofonica sono stati scritti numerosi libri e lavori teatrali. A lei si è ispirato il famoso film Evita di Alan Parker interpretato da Madonna e Antonio Banderas. Oltre alle sue umili origini, a contribuire alla sua fama è stata anche la sua precoce morte avvenuta ad appena 33 anni. Non a caso ancora oggi, dopo oltre mezzo secolo, milioni di argentini si rifanno al peronismo e adorano Evita, andando in continuazione a visitare la sua tomba nel ricco quartiere di Recoleta a Buenos Aires.
Però qualcosa di buono e concreto avrà pure fatto.
Certo. Nell’immaginario collettivo lei viene spesso rappresentata come la donna che ha lottato per i diritti dei lavoratori, dei più poveri e del mondo femminile. In effetti, lei è stata l’artefice nel 1947 del riconoscimento dell’uguaglianza dei diritti politici e civili tra uomini e donne in Argentina. Lei si è occupata delle donne senza fissa dimora, concedendo sussidi e case temporanee a loro e agli anziani. Molte delle sue azioni sono state sicuramente ispirate dai difficili ricordi del suo passato personale e dai numerosi incontri che faceva nelle fabbriche, scuole, ospedali, sindacati e centri culturali.
La sua immagine internazionale si è molto rafforzata a seguito di un viaggio di tre mesi effettuato in diversi Paesi tra cui Italia, Vaticano, Francia, Portogallo, Svizzera, Brasile e Uruguay. Lo so che molti anti peronisti la considerano semplicemente un’attricetta di second’ordine e un’arrampicatrice sociale. Per tanti altri lei è invece una leggenda. Comunque, in Argentina, come in tanti altri paesi dell’America Latina, sono state molte le donne impegnate in politica.
A chi si riferisce?
Intanto c’è stata la Presidente Isabel Martinez, terza moglie di Peron, soprannominata Isabelita. Essendo stata eletta Vicepresidente, dopo la morte di Peron è diventata Capo di Stato. Isabelita è stata destituita da un colpo di Stato nel 1976. Come non ricordare, poi, le madri di Plaza de Mayo che a partire dal 1977, durante la feroce dittatura militare, con un fazzoletto bianco annodato sulla testa hanno dimostrato ogni giovedì pomeriggio davanti alla casa Rosada, residenza della presidenza della Repubblica, per avere notizie dei loro mariti e figli Desaparecidos o uccisi. In quella circostanza le donne hanno mostrato un coraggio che, purtroppo è mancato a tantissimi uomini. Un’altra donna molto potente, anche se non popolare, è stata in Argentina la ex Vicepresidente Cristina Fernandez Kirchner, già Presidente per due volte dal 2007 al 2015.
Dopo l’Argentina quale altro Paese le viene in mente?
Certamente il Cile di Michelle Bachelet. Anche lei è stata Presidente per due mandati, dal 2006 al 2010 e dal 2014 al 2018. Soprattutto nel corso del suo primo mandato la Bachelet ha registrato punte elevatissime di consenso. Anche lei è figlia di un tragico periodo storico caratterizzato dalla dittatura del generale Augusto Pinochet: dittatura iniziata nel 1973 a seguito del suicidio di Salvador Allende, eletto democraticamente. Il padre della Bachelet, il generale Alberto Bachelet che difendeva Allende, è stato imprigionato ed è morto in carcere. Prima di assumere la massima carica dello Stato la Bachelet è stata ministro della Sanità e della Difesa. Durante il suo mandato si è molto prodigata in difesa delle donne. Tra i suoi principali provvedimenti figurano l’esenzione dal pagamento delle prestazioni sanitarie per gli ultrasessantenni, alcune riforme del sistema previdenziale, la legalizzazione dell’aborto in caso di gravidanza a rischio, la lotta al lavoro nero, l’introduzione di aiuti alle famiglie più povere e la creazione di due nuovi ministeri: per la Sicurezza cittadina e per l’Ambiente.
Molto contestata è stata invece la sua riforma dell’istruzione, soprattutto da parte degli studenti che hanno inscenato numerose dimostrazioni. Accese critiche sono arrivate anche dal mondo imprenditoriale per l’introduzione di alcune imposte. In compenso la sua politica economica ha riscontrato diversi consensi. Nel 2008 la Bachelet è stata anche Presidente dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) e, dal 2018 al 2022, Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti Umani.
Abbiamo fatto riferimento a Cile e Argentina. Cosa possiamo dire del Brasile, il più grande dei Paesi latinoamericani?
Anche i brasiliani hanno avuto una Presidente: Dilma Rousseff di origine bulgara, eletta per due volte dal 2011 al 2016. Il suo secondo mandato è stato interrotto dall’impeachment votato dal Parlamento, con l’accusa di aver truccato i dati sul deficit del bilancio annuale, ma due anni dopo questa accusa è risultata infondata. Nata in una famiglia borghese, la Rousseff in gioventù è stata marxista e ha combattuto come guerrigliera la dittatura militare brasiliana per 21 anni, dal 1964 al 1985. È stata anche in prigione per tre anni.
Con il Presidente Luiz Inacio Lula da Silva, più conosciuto semplicemente come Lula, la Rousseff è diventata ministro della Casa Civil, una specie di Ministero degli Interni. Considerata una delle donne più influenti del Brasile dalla rivista brasiliana Epoca, la Rousseff durante la sua presidenza si è fatta molti nemici a causa del suo carattere intransigente, a volte esplosivo. A queste critiche amava rispondere: Sono solo una donna dura circondata da uomini morbidi. Politicamente la Rousseff si è dichiarata contraria alle privatizzazioni e al neoliberismo, anche se ha appoggiato l’iniziativa privata in alcuni settori come quello delle costruzioni di strade. Consistente è stato anche il suo impegno a estendere l’energia elettrica nei luoghi più sperduti del Paese.
Lasciamo l’America del Sud per spostarci nell’America centrale.
In quest’area ci sono state diverse Presidenti donna. Ad esempio, Violeta Barrios de Chamorro, Presidente del Nicaragua dal 1990 fino al 1997, moglie del direttore del giornale La Prensa, assassinato nel 1978. La Chamorro fu una tenace oppositrice del dittatore Anastasio Somoza e dei suoi due figli. Durante il suo mandato presidenziale ha riformato l’esercito, limitato i poteri presidenziali e avviato una profonda riforma del sistema economico su basi liberiste.
Qualche altro esempio?
In Costa Rica è arrivata alla Presidenza Laura Chinchilla, dal 2010 al 2014. In precedenza, aveva lavorato in America Latina e in Africa per diversi organismi internazionali. È stata anche Vicepresidente e Ministro di Grazia e Giustizia sotto la Presidenza di Oscar Arias, Premio Nobel per la Pace. Come Presidente, la Chinchilla ha elaborato un vasto programma economico e sociale incentrato sulla sicurezza delle persone e basato su quattro pilastri: a) sicurezza economica e competitività; b) sicurezza sociale e benessere; c) sicurezza dei cittadini e pace sociale; d) sicurezza e sviluppo ambientale. Inoltre, ha attivato una serie di norme anticrimine, di sostegno alla prima infanzia, all’istruzione e allo sviluppo dell’energia pulita, ottenendo anche che il 90% della produzione di energia elettrica provenga da fonti rinnovabili. Da registrare che in Costa Rica le donne hanno raggiunto un buon livello di uguaglianza, arrivando a rappresentare il 45,5% dei Parlamentari.
Ci sono ancora altre?
Mi viene in mente Mireya Moscoso, Presidente del Panama dal settembre 1999 al settembre 2004, come rappresentante del Partito Panameñista. La Moscoso è stata sposata con Arnulfo Arias dal 1969 al 1988, anno in cui è morto dopo essere stato Presidente per tre volte e per tre volte rovesciato da colpi di stato. La Moscoso si è molto impegnata sul piano dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria. Ha decisamente migliorato le infrastrutture del Paese, tra cui l’aeroporto internazionale. Durante la sua Presidenza il canale del Panama è passato integralmente dalle mani americane a quelle panamensi, a seguito degli accordi Torrijos-Carter. Ha destato invece clamore la sua decisione di liberare alcuni terroristi che intendevano assassinare il leader cubano Fidel Castro durante una visita a Panama. Ciò ha provocato la rottura delle relazioni diplomatiche con Cuba e
Venezuela.
Comunque, ci sarebbe ancora altre Presidenti da ricordare come Rosalía Arteaga Serrano, Presidente ad interim dell’Ecuador nel 1997 o Janet Rosenberg Jagan, americana naturalizzata guianese e Presidente della Guyana dal 1997 al 1999. Da non dimenticare, poi, Xiomara Castro, moglie dell’ex Presidente Manuel Zelaya, dal gennaio del 2022 la prima Presidente donna dell’Honduras. La Castro si sta distinguendo per un forte impegno in campo sociale e nella lotta alla violenza.
Detto tutto ciò è anche vero che molte delle donne diventate Presidente prima sono state mogli o figlie di ex presidenti o personaggi importanti della politica. E questo, certamente, non è un aspetto esaltante. Rimane il fatto, comunque, che il diritto di voto e la possibilità di essere elette hanno richiesto mezzo secolo di battaglie. La questione della parità come orizzonte democratico deve, in ogni caso, ancora essere rafforzata. Una curiosità: a coniare il termine Presidenta è stata Francisca Zubiaga y Bernales, combattente e poi potente moglie del presidente peruviano Agustín Gamarra (1829 – 1835).
Per concludere, può citare anche una non Presidente che ha rappresentato autorevolmente le donne latinoamericane?
Il primo nome che mi viene in mente è quello di Gabriela Mistral, poetessa, educatrice, diplomatica e femminista cilena: lei è stata la prima donna latino-americana a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1945. È scomparsa a New York nel 1957 lasciando in eredità oltre una trentina di opere di grande valore, tra cui Temura, Tala, Lagar, Lecturas para mujeres, ecc. Nel 1979 l’Organizzazione degli Stati americani ha istituito un premio con il suo nome allo scopo di “Riconoscere coloro che hanno contribuito all’identificazione e all’arricchimento della cultura tipica americana e delle sue regioni o individualità culturali”. Infine, sono intestate a lei un’Università privata cilena, un grande centro culturale e una collina a Monte Grande, mentre la sua effige è apparsa su una banconota. La Metropolitana di Santiago, poi, le ha dedicato nel 2005, in occasione del suo anniversario, un intero treno con sue foto.
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