
(Foto: sullo sfondo di Belèm, da sinistra Fabio Porta e Inacio Lula)
Dal 10 al 21 novembre 2025 si terrà in Brasile, più precisamente in Amazzonia, la 30ª Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Un appuntamento che molti esperti ritengono decisivo per il futuro dell’ambiente su scala planetaria. Nel corso di Convegno, organizzato nel Palazzo dei Gruppi Parlamentari per presentare il libro “Amazzonia. L’ultima frontiera” di Emiliano Guanella, abbiamo incontrato Fabio Porta, deputato eletto nella circoscrizione America Meridionale e residente in Brasile: un’ottima per parlare non solo di ambiente ma anche di alcune tematiche riguardanti gli italiani che vivono all’estero. Ecco cosa ci ha detto.
On. Porta, cominciamo da Cop30, un appuntamento internazionale di grandissimo rilievo. Lei cosa si aspetta?
La Cop30 di Belém sarà un appuntamento importantissimo, forse l’ultima frontiera come ha scritto Emiliano Guanella nel suo libro incentrato sulla sfida ambientalista. Il Governo italiano con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto qualcosa che, a mio avviso, non va proprio nella direzione di un rafforzamento delle politiche energetiche e sostenibili. In ogni caso il Parlamento italiano sarà presente a Belém con una delegazione, come anche il Partito Democratico, nonché con i rappresentanti di coloro che amano l’ambiente e che sperano che l’intuizione del Presidente del Brasile Inacio Lula si trasformino una linfa vitale per il futuro dell’Umanità e che l’ambiente si sviluppi in modo sostenibile, e quindi in grado di preservare l’umanità. In questo quadro un ruolo importante spetta anche ai rapporti tra l’Unione Europea e l’America Latina.
A questo proposito parliamo un po’ dell’accordo tra il Mercosur (che unisce Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) e l’Unione Europea, e che da 25 anni aspetta di essere ratificato da tutti per entrare in vigore. Come stanno le cose?
Le recenti comunicazioni ufficiali della Commissione UE segnano una tappa storica nel percorso verso la conclusione dell’accordo Mercosur: un’intesa che apre prospettive commerciali senza precedenti per l’Italia e per le nostre comunità imprenditoriali, specialmente in Sud America. L’urgenza di una ratifica tempestiva non è solo una risposta efficace all’innalzamento delle barriere tariffarie, ma rappresenta anche un dovere verso il sistema produttivo nazionale, che necessita di nuovi mercati e di maggiore certezza normativa per sostenere competitività, occupazione e qualità del made in Italy. L’accordo, che elimina il 90% dei dazi tra i due blocchi, consolida le opportunità per molte filiere italiane: dall’agroalimentare all’automotive, dalla moda alla tecnologia, in un’area demografica di oltre 700 milioni di cittadini. In ogni caso, rinnovo ancora una volta l’appello al Parlamento e al Governo italiano a sostenere questo percorso ambizioso e necessario. La ratifica dell’accordo UE-Mercosur è oggi la migliore risposta alle sfide della globalizzazione e offre un’occasione concreta di crescita, di valore aggiunto e di tutela dei nostri interessi all’estero. La politica deve essere capace di decisioni rapide e di visione strategica, soprattutto quando in gioco ci sono innovazione, lavoro e il futuro dell’Italia sui mercati internazionali.
Torniamo alla politica di casa nostra. Lei in diverse circostanze ha sottolineato di temere che nella legge di bilancio del 2026 ancora una volta vengano discriminati i pensionati italiani residenti all’estero. In che cosa consiste questa discriminazione?
A partire dal 2025 è stato introdotto il blocco della perequazione automatica delle pensioni superiori al trattamento minimo degli italiani residenti all’estero. Il pericolo che la scure del Governo si abbatta anche nel 2026 sui diritti socio-previdenziali degli italiani all’estero. In pratica quest’anno sono stati penalizzati dall’assurdo provvedimento circa 61.000 titolari di pensioni INPS residenti all’estero dei quali oltre 30.000 risultano essere titolari di pensioni di importo che varia da 567 a 1.135 euro mensili mentre circa 11.000 sono titolari di pensioni di importo tra 1.135 e 1.703 euro e solo 12.000 pensioni sono superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS. In pratica sono stati colpiti i più poveri e i più deboli, lasciando invece inalterata la rivalutazione per le pensioni di importo alto dei residenti in Italia. Oltre a rappresentare una ingiustificabile disparità di trattamento basata manifestamente sulla residenza, costituisce anche e soprattutto una violazione del principio di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza dei trattamenti previdenziali (principio sancito dagli articoli 3, 36 e 38 della Costituzione) e di quello della salvaguardia delle pensioni più basse evocato più volte dalle sentenze della Corte Costituzionale.
Cosa ci può dire sul caso Alberto Trentin, il cooperante italiano che da un anno è detenuto in Venezuela senza alcuna accusa formale?
Alberto Trentini si trova in una buia cella di un carcere venezuelano senza conoscere i motivi (che ovviamente non esistono) della sua arbitraria detenzione. Il governo italiano che si è fatto vanto (senza averne nessun merito) della liberazione di due cittadini italo-venezuelani, ha il dovere di mettere in atto tutte le azioni possibili per riportare Alberto a casa. Noi del gruppo del Partito Democratico rinnoviamo l’invito al Parlamento a inviare una delegazione in Venezuela, perché anche la diplomazia parlamentare possa dare il suo contributo decisivo alla soluzione di un caso che merita la massima considerazione da parte di tutte le nostre istituzioni.
Da qualche tempo sta maturando nell’ambito delle Comunità italiane all’estero il bisogno di tornare ad avere quanto prima un Ministero per gli Italiani nel Mondo. Lei è stato uno dei fautori di questa iniziativa. Su cosa si basa questa sua adesione?
È vero, da più parti arriva un pressante appello per avere un Ministero degli italiani nel Mondo, e quindi una maggiore attenzione per gli italiani all’estero, sia da parte del Governo che delle istituzioni italiane. Una richiesta che diventa sempre più forte perché gli attacchi agli italiani nel mondo, alle loro politiche, ai loro progetti ormai è diventata notevole, e questo proprio in un momento in cui dovremmo fare esattamente il contrario. Dovremmo, cioè, valorizzare il potere economico, culturale, e istituzionale di una realtà che riguarda oltre 60milioni di italo discendenti, di cui 7 milioni con cittadinanza italiana che vivono all’estero. Occorrono, in sostanza, politiche serie capaci di condurci fuori dalla crisi economica internazionale per collocarci al centro di un dibattito politico mondiale. In questo contesto l’Italia potrebbe insegnare tantissimo in materia di cooperazione, di multiculturalità e multilateralismo. Questa maggiore attenzione per le nostre collettività avrebbe anche un valore strategico di rafforzamento dell’Unione Europea. Basti pensare, ad esempio, all’accordo di cui abbiamo parlato in precedenza: l’accordo tra l’Unione Europea e il Mercosur, il Mercato comune dei Paesi meridionali del Sud America, composto per il 50% da cittadini di origine italiana. Possiamo solo immaginare quale peso all’interno di questo accordo l’Italia e l’Europa potrebbero esercitare in termini di proiezioni, di scambi e di risposta a chi vuole mettere dazi e imposte sul commercio internazionale.

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