INFORMAZIONE A RISCHIO TSUNAMI

DIRITTO INFORMAZIONE:  NODO CRUCIALE PER PROSSIMO GOVERNO

Per la libertà d’informazione la prossima legislatura potrebbe essere decisiva. Non solo in Italia ma in tutto il mondo sta avvenendo una incredibile contrazione del potere mediatico. Ormai anche la gente comune, che spesso segue la politica in maniera distratta, comincia ad avvertire che al di sopra delle nostre teste si sta creando un super potere mondiale capace di controllare tutto e di imporre le sue leggi senza alcuna possibilità di appello. Gli Stati contano sempre di meno e sempre di più sono subordinati ai voleri di questo impalpabile ma reale super potere. Quasi sempre la gente tende a identificare questo super potere solo nella grande finanza e nei banchieri che non hanno né bandiera né nazionalità al di fuori del dio denaro. Ma il Potere mediatico non scherza.

Il vero problema è il controllo della comunicazione che serve non solo a consolidare il potere ma anche a preparare il terreno ai grandi gruppi industriali interessati ad agire in regime di monopolio che rimane, inutile nasconderlo, la massima e unica aspirazione di ogni impresa capitalistica di stampo neo liberale. Ebbene Nel caso dell’informazione, veramente potente è chi gestisce frequenze radiotelevisive e torri telefoniche. Con il possesso delle frequenze e delle torri telefoniche  è possibile gestire la comunicazione in modo “autarchico”, senza possibilità di partecipazione,  per  il controllo del Potere assoluto del Paese vantato come “controllo democratico”.

Il ruolo delle compagnie telefoniche è il controllo di gran parte delle frequenze radio televisive, nonché internet e l’intero web. A proposito di telefonia, vorrei ricordare che con il 5G, cioè, con i sistemi di quinta generazione, s’avvierà in tutto il mondo la terza rivoluzione industriale. Attraverso il 5G si potrà con il telefono colloquiare non solo con le persone ma anche con gli oggetti. Ad esempio, si potrà avviare e controllare una intera catena di montaggio da remoto, stando in altri Paesi lontani  migliaia di chilometri. Il ruolo della telefonia quindi sarà fondamentale per lo sviluppo della produzione e dei servizi a livello globale determinando nuove relazioni tra i Paesi e i singoli individui con imprevedibili riflessi sui futuri assetti tra i poteri dominanti della finanza, della politica e del nascente nuovo potere della “tele produzione”.

 

Di fronte a tale rapida evoluzione tecnologica che cambierà la vita a milioni di persone il Governo italiano, con la compiacenza della Presidenza della Repubblica che ha avallato i relativi decreti legislativi,  ha svenduto ai telefonici il grande patrimonio frequenziale dello Stato gran parte del quale assegnato alle tv locali quale mezzo di trasmissione per la circolazione della libera espressione tra gli individui e le istituzioni territoriali ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione.

 

Il picconamento dell’articolo 21 della Costituzione coincide con lo switch off televisivo del 2009 ovvero con il martirio delle tv locali alle quali, per legge,  sono state sottratte le frequenze di lavoro nella più  completa indifferenza delle forze politiche di maggioranza, di opposizione e della presidenza della Repubblica.   Una conferma di tale menefreghismo l’abbiamo avuta con l’allegra gestione della conversione digitale della tv del 2010 che ha arricchito quelli del “decoder con il bollino blu”,  con la abusiva pianificazione  AGCOM che ha assegnato alle locali frequenze  non riconosciute dalla UE ora quasi tutte ritirate dal Ministero, con la indecente delibera AGCOM sulla numerazione dei programmi sul telecomando (LCN)  che ha visto le emittenti  locali emarginate sui numeri più alti del telecomando a vantaggio delle Reti nazionali, con la farsa dei bandi Ministeriali per l’assegnazione di quelle frequenze abusive che già si sapeva di doverle rottamare.

 

Ma  il colpo di grazia è stato dato con DPR 146 del 23 agosto 2017 che, per farle chiudere,  impone alle tv locali un numero spropositato di dipendenti quale condizione per ricevere un sussidio statale senza del quale, a causa della crisi del mercato della pubblicità, sarebbero costrette a chiudere battenti. Nel tentativo di attirare l’attenzione del Parlamento molte emittenti protestarono davanti a Montecitorio contro questa ennesima legge definita Ammazza emittenti, ma la manifestazione si concluse con la completa indifferenza dei parlamentari.

 

Nel corso, poi, dell’approvazione della legge di bilancio abbiamo cercato di presentare una serie di emendamenti, molti dei quali sono stati accolti ma poi con il voto di fiducia tutto è andato disperso. Il rischio è che nei prossimi mesi centinaia di radio e televisioni locali siano costrette a chiudere con l’inevitabile licenziamento di  4 mila lavoratori.

 

Ovviamente, insieme ai lavoratori verrà messo a riposo anche un bel pezzo della libertà di stampa, nonché il diritto dei cittadini ad essere informati su tutto ciò che accade nel territorio. E’ risaputo che la stampa nazionale non potrà mai sostituire il ruolo svolto dalla stampa locale. Solo una radio e televisione locale può controllare, ad esempio, se nelle singole città la distribuzione dei generi alimentari viene fatta correttamente, se esiste un efficiente sistema di riuso dei vestiti, se vengono utilizzati adeguatamente gli immobili abbandonati, se i pronti soccorso funzionano, se il livello di insegnamento nelle varie scuole è aggiornato, se sono state commesse delle ingiustizie meritevoli di un’adeguata tutela giuridica.

Ecco perché la tutela del diritto ad essere informato dovrà diventare uno dei uno dei nodi cruciali del prossimo programma di governo. Si tratta in sostanza di:

  1. Rivedere integralmente la politica di sostegno all’editoria e alle piccole e medie radio e tv;
  2. Premiare gli organi di stampa che danno largo spazio alle questioni sociali;
  3. Operare una più democratica e corretta gestione delle frequenze, oggi affidate quasi integralmente alle grandi emittenti nazionali.
  4. Evitare che si formi un monopolio nell’informazione da parte da parte dei grandi gruppi telefonici;
  5. Agevolare fiscalmente l’introduzione delle nuove tecnologie anche nell’ambito delle emittenti minori;
  6. Puntare su un Wi-Fi gratuito: obiettivo perseguito anche negli Stati Uniti e in altri Paesi.
  7. Rafforzare la vigilanza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) sulla libertà dell’informazione, sulla segretezza delle comunicazioni, sul corretto esercizio della concorrenza, sui pericoli determinati dalle posizioni dominanti, sugli accordi internazionali, sui piani di assegnazione delle frequenze, sullo sviluppo tecnologico, sul controllo sui sondaggi, ecc.
  8. Riformare la Commissione di vigilanza della Rai consentendo la partecipazione alla sua composizione anche a membri esperti esterni al Parlamento, in modo da evitare l’assurdo che sia affidato esclusivamente ai politici il compito di vigilare sull’invadenza nella Rai degli stessi politici e partiti.

 

Tutto questo vogliamo perseguire, tutto questo vogliamo che sia realizzato dal prossimo Governo  con persone oneste e di indiscussa esperienza.

 

San Cesareo, 1 gennaio 2018

 

Antonio Diomede, Presidente REA